11 December 2011

Gli zifii vittime della corsa all'oro nero (e non solo)


è apparsa ieri su "La Stampa" l'intervista a Giuseppe Notarbartolo di Sciara che riportiamo qui di seguito, sul recente spiaggiamento di zifii in Grecia e in Italia.


L’ecologo del mare e quei delfini da salvare

Tra gli ospiti più o meno verdi del tradizionale concerto di Natale chez il presidente onorario del Fai, Giulia Maria Crespi, il signore dei delfini e delle balene m'appare deluso o, meglio, molto arrabbiato. Nulla però a vedere con la manovra Monti. «Sono furente perché degli animali, tutte specie protette dalle leggi, continuano a essere uccisi nel Mediterraneo dai sonar delle navi da guerra ma, soprattutto - fenomeno in forte aumento - dai suoni esplosivi delle navi che cercano petrolio e gas sui fondali marini (dall'eco di ritorno capiscono se ci sono giacimenti) con la devastante tecnica airgun», attacca Giuseppe Notarbartolo di Sciara, 61 anni, veneziano d'illustre famiglia d'ufficiali di Marina, famoso ecologo del mare.

«Non ho nulla contro la ricerca del petrolio né contro le esercitazioni militari ma non sopporto l'arroganza di certi "poteri forti" che se ne fregano non solo delle leggi ma anche delle conseguenze drammatiche delle loro azioni». Presidente di Tethys, l'istituto di ricerca non profit per lo studio dei cetacei del Mediterraneo, docente di Conservazione della biodiversità marina all'Università degli Studi di Milano e ideatore di Pelagos (la grande area marina protetta dalle coste italiane alle isole francesi di Hyères) Giuseppe Notarbartolo ha ricevuto l'ennesima brutta notizia. «Tra il 30 novembre e il primo dicembre ben 5 esemplari di zifio, parenti assai più rari dei delfini, sono stati ritrovati morti. Tre nell'isola di Corfù; in Calabria, a Capo Rizzuto, gli altri due: una madre con il suo piccolo! Solo ultimo episodio di una lunghissima serie e punta dell'iceberg: non possiamo sapere quanti muoiono e sprofondano in alto mare». Chi sono mai questi poveri zifii? Spiega lo scienziato: «La cetofauna del Mediterraneo, assai ridotta rispetto a quella del Nord Atlantico, comprende 8 specie "regolari", ossia di esemplari che abitualmente avvistiamo in mare o ritroviamo spiaggiate. Tra queste specie - oltre alla balenottera comune, alla stenella striata, al delfino comune etc. - c'è lo zifio. Da adulto misura anche più di 6 metri; è assai difficile da avvistare perché, a differenza dei delfini che amano stare in branco, è guardingo, schivo. Vive in piccoli gruppi e s'immerge a profondità spaventose». Vere bombe sonore, traumi e lesioni all'udito, il racconto di Notarbartolo sulla fine di questi affascinanti mammiferi è da brivido. «Alcune specie sono molto sensibili al rumore. Colpiti dai suoni vanno in panico; emergono in maniera scorretta e muoiono per un embolo».

Non bastavano inquinamento, degrado, pesca eccessiva (“Già i capodogli sono stati massacrati dalle reti per la ·pesca del pesce spada”). Ora, è il j'accuse di Notarbartolo, c'è anche una corsa all'oro nero senza regole, ennesimo insulto al fragile e prezioso ambiente marino mediterraneo. «La fame di petrolio ha scatenato ricerche nelle acque più profonde. I governi, compreso quello italiano, hanno dato un'enorme quantità di permessi senza adeguate valutazioni dell'impatto di queste attività sulla fauna manna più vulnerabile. Tutti i nostri mari, dall'Adriatico al Mar Ligure, sono tappezzati di concessioni a compagnie (soprattutto del Nord Europa) che hanno navi specializzate in queste ricerche. Le prime vittime sono i cetacei. Avanti così, cambierà il Mediterraneo con effetti inimmaginabili». Notarbartolo che, grazie a sofisticati idromicrofoni, ha persino registrato le vocalizzazioni dei suoi amati cetacei (“Le balenottere emettono muggiti a bassissima frequenza; i capodogli battiti simili a quelli di un martello sull'incudine”) sostiene che, oltretutto, questo massacro si potrebbe evitare. Niente estremismi animalisti, solo buon senso. «Il mare dovrebbe essere un territorio nel quale pianificare attività e usare tecnologie nel rispetto dell'ambiente. Sappiamo, per esempio, che ci sono zone e stagioni più vulnerabili per i cetacei. Ma l’insensibilità di certe istituzioni e la tracotanza dei poteri economici rischiano di uccidere con la biodiversità la vera ricchezza del nostro Mediterraneo».

Chiara Beria di Argentine

La Stampa, 10 dicembre 2011

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