12 April 2007

Perché i cetacei saltano?



Aristotele, nella sua Historia animalium, è stato il primo a interrogarsi sulle “prestazioni” aeree dei cetacei, in particolare dei delfini. Da allora solo pochi ricercatori si sono interessati alla comprensione di queste esibizioni spettacolari e alla loro contestualizzazione ai diversi ambiti e ambienti. La domanda è dunque ancora aperta: perché i cetacei saltano?

Secondo alcuni i salti degli odontoceti di piccola e media taglia potrebbero essere utilizzati allo scopo di riaffermare il proprio ruolo, oppure per richiamare l’attenzione degli altri individui del gruppo. Per altri autori i salti servirebbero a stordire i pesci vicini alla superficie, in modo da poterli catturare più facilmente, o ancora aver luogo nell’ambito di interazioni agonistiche tra maschi adulti.

Nel 1800 veniva attribuito al salto un puro e semplice scopo ricreativo, oppure una funzione di pulizia della pelle dei cetacei, dal momento che grazie all’impatto sulla superficie dell’acqua si staccherebbero diverse specie di parassiti. Più di recente alcune performance aeree sono state interpretate come reazione a condizioni di stress (ad esempio durante l’avvicinamento o il disturbo causato da imbarcazioni), come evoluzioni legate al gioco, alla ricerca delle prede, alla visione fuori dall’acqua, all’attività respiratoria in situazioni di mare agitato, al mantenimento della coesione sociale, a manifestazioni di prestanza fisica, alla fuga dai predatori e alla comunicazione non vocale.

Tutti gli autori concordando sul fatto che le attività aeree dei cetacei non svolgono una singola funzione.

E i grandi cetacei? Sembra impossibile che animali colossali possano prodursi in evoluzioni acrobatiche. Eppure, grazie alla loro velocità in acqua, anche esemplari del peso di 70 tonnellate riescono a effettuare salti straordinari, e senza disperdere troppa energia.

Nella scorsa stagione di ricerca una balenottera comune si è prodigata davanti ai nostri occhi in ben 14 salti consecutivi. Quattordici! In quel caso, avevano probabilmente ragione gli scienziati dell’800, visto che analizzando le foto abbiamo scoperto che l’esemplare aveva una lampreda attaccata al fianco, e che solo nel momento in cui è riuscito a liberarsene, lasciando la lampreda a galleggiare nella schiuma dell’ultimo salto, ha interrotto le acrobazie aeree.

Nella maggior parte dei casi non è possibile sapere con certezza perché i cetacei saltino… ma possiamo provare a spiegare che cosa si prova ad assistere a uno spettacolo del genere. Se i delfini riescono a trasmettere un senso immediato di divertimento e gioco, spensieratezza e agilità, le balene e i capodogli ci provocano un vero “tuffo al cuore”. E’ una dimostrazione di pura e assoluta potenza e allo stesso tempo di inimmaginabile eleganza e leggerezza.

Assistere a un breach di una balenottera o di un capodoglio ci lascia senza fiato, completamente esterrefatti. E quello che lascia a bocca aperta (non solo metaforicamente) è che davvero non te l’aspetti. Si pensi a un animale di 50 tonnellate che esce dall’acqua a una velocità impensabile, per poi ricadere sollevando un vero e proprio muro d’acqua. Non puoi fare altro che rimanere in silenzio, con l’immagine scolpita a lungo nella mente, e nutrire ammirazione e rispetto per questi animali.

Non siamo certi del perché il capodoglio e le balenottere che abbiamo avuto la fortuna di osservare la scorsa estate siano saltati fuori dall’acqua, ma ancora oggi quel ricordo è vivido e chiaro, come un bel sogno che non dimenticheremo mai.

Nino Pierantonio, Veronica Littardi e Sabina Airoldi

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Per saperne di più:

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Lusseau D. 2006. Why do dolphins jump? Interpreting the behavioural repertoire of bottlenose dolphins (Tursiops sp.) in Doubtful Sound, New Zealand. Behavioural Processes 73(3):257-265.
Marini L., Consiglio C., Catalano B., Valentini T., Villetti G. 1996. Aerial behavor in fin whales (Balaenoptera physalus) in the Mediterranean Sea. Marine Mammal Science 12(3):489–495.
Pryor K.W. 1986. Non-acoustic communicative behavior of the great whales: origins, comparisons, and implications for management. Rep. Int. Whal. Comm. 8:89-96.
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