Ma per altri le balene non hanno prezzo
La proposta di un gruppo di ricercatori su Nature di stabilire un prezzo per ogni balena (vedi l'articolo precedente, balene in vendita) ha suscitato un'accesa discussione. I fautori della proposta sostengono che in questo modo gli ambientalisti potrebbero tutelare i cetacei "comprandoli" dai cacciatori, ma non tutti sono d'accordo. Sul sito della rinnomata WDCS (Whale and Dolphin Conservation Society) si spiega il perché. Ci sono motivi etici ma anche strategici e pratici: si rischierebbe di risvegliare l'interesse anche in altri Paesi potenziali cacciatori come la Cina e la Corea del Sud - e al Giappone non parrebbe vero vedere la domanda impennarsi artificialmente.
Inoltre stabilire delle quote può essere rischioso: come insegna il settore della pesca, queste sono spesso dettate più da motivi politici che scientifici. Un altro argomento è che lo sfruttamento da parte dell'uomo di animali dal ciclo vitale estremamente lento come quello dei cetacei è del tutto insostenibile. Ed infine, sostengono sempre alla WDCS, resta il fatto che l'uccisione di grossi cetacei resta una pratica crudele e disumana. M.J.
Leggi l'articolo (in inglese).
US researchers proposed, in the journal Nature, that the introduction of tradable quotas for catching whales could reduce the number of whales killed each year. Moreover, they say, this would possibly allow environmental groups to effectively buy whales in order to save them.
The Whale and Dolphin Conservation Society, WDCS, has questioned those suggestions for both ethical and practical reasons. Following article tells why it wouldn't work, according to WDCS.
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