21 September 2008

Il respiro della notte


E’ martedì, il tempo è favorevole e facciamo rotta verso Levante. Verso sera le condizioni del mare migliorano, superficie piatta, assenza di onde... proprio un mare da zifii verrebbe da pensare. Infatti eccone due. Uno, più piccolo, potrebbe essere un giovane. Animali difficili ed elusivi che possono rimanere in immersione per un’ora, quasi non avessero bisogno di respirare aria. Stiamo con loro per due ore. “Con loro” può far pensare alla prossimità fisica, ma essere vicini agli zifii è relativo. Il tramonto fa da cornice all’avvistamento e tutti sono soddisfatti, ma noi di Tethys in modo particolare perché sappiamo quanto questo sia un incontro fuori dal comune.

Le condizioni meteo sono ancora favorevoli e il nostro skipper Roberto ci offre la possibilità di trascorrere la notte alla cappa. Si spengono i motori e si abbandona la barca alle correnti. Tre persone a turno restano di vedetta e mentre la barca dorme riportano il punto sulla carta nautica e seguono le registrazioni con l’idrofono. Il radar non va mai perso di vista, così come le luci delle navi. Nell’oscurità del mare intorno a noi sfilano barche da pesca, che con i loro strascichi appaiono come lunghi cilindri fluorescenti sullo schermo. Non dobbiamo finire anche noi nella rete.

In questa routine, che alla quarta settimana di mare fa sentire il peso del lavoro, ecco che accade qualcosa. Un suono irregolare a poppa della Pelagos, fatto di aria e muscoli, quasi schiocca, vibra, a tratti illumina il silenzio. Altri suoni emergono come in un’orchestra. Sono i soffi di cetacei che galleggiano sospesi intorno a noi. Sembrano spinti dalla nostra stessa corrente e immobili si lasciano trasportare. Non li possiamo vedere, solo intuire. Subito penso a dei globicefali perché li sento grandi, sono affiancati e il loro respiro non è quello di un piccolo delfino, ma nemmeno di una balenottera o di un capodoglio. Me li immagino neri e lucenti. Affacciandomi alla notte e affinando l’udito, inizio a distinguere i punti da cui arrivano i diversi soffi e ne ascolto le differenze. Qualcuno è più ‘piccolo’, altri a gruppetti, due a pochi metri da noi. Le torce non servono e l’idrofono è muto. Gli animali stanno dormendo e accompagnano la barca nella corrente. Sono emozionata ma provo a cronometrare le respirazioni di un individuo il cui respiro ha un suono più acuto. In queste condizioni l’unico dato che possiamo registrare è la posizione GPS, siamo a 40 km dalla costa e sotto lo scafo ci sono 2300 metri d’acqua.

Di questo incontro nel buio rimane in tutti un senso di meraviglia. Vado a dormire pensando alle creature misteriose intorno a noi.

Francesca Zardin

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