La genesi di Tethys
di Giuseppe Notarbartolo di Sciara
(fondatore e primo Presidente di Tethys)
La nascita della Tethys, come affettuosamente la chiamiamo – al femminile forse per naturale concordanza con la dea da cui prendemmo in prestito il nome - è un evento legato alle mie vicende personali. Nel 1985, conseguito un dottorato sull’ecologia delle mante alla Scripps Institution of Oceanography, in California, decisi di tornare in Italia dopo la lunga assenza, richiamato dal desiderio di contribuire con le conoscenze acquisite alla conservazione dell’ambiente marino mediterraneo. La faccenda non era semplice poiché la blindatissima configurazione della ricerca nazionale non consente l’ingresso se non dal basso, e io, andandomene all’estero, senza saperlo avevo mancato definitivamente quella finestra di opportunità.
Fu così che al mio ritorno dalla California mi aggregai con entusiasmo, in qualità di science editor, all’avventura editoriale dell’amico Egidio Gavazzi, che dopo la sua fortunata invenzione della rivista Airone, pubblicata da Giorgio Mondatori, aveva fondato la sua casa editrice e creato Aqua. Il nostro sodalizio non durò a lungo. Tuttavia bastò quanto serviva per porre insieme le basi per alcune iniziative che trascendevano i confini delle attività strettamente editoriali. Di queste iniziative la più significativa fu, appunto, la Tethys. Riunitici a Milano nel gennaio 1986 nello studio del notaio Federico Guasti per costituire l’Istituto Tethys, pensavamo a un contenitore di iniziative scientifiche mirate alla conservazione del mare, intimamente legato alla rivista.
Purtroppo il sodalizio con Egidio Gavazzi si concluse molto presto, insieme alla chiusura della casa editrice da lui fondata. Mi trovai in tal modo libero di decidere autonomamente sulle sorti del neonato organismo, per nulla rosee perché non c’era una lira. Ma se i fondi scarseggiavano, non facevano difetto le idee e la determinazione di impiegare la ricerca a qualsiasi costo per aiutare la conservazione. Di fatto la vera ricchezza fu l’entusiasmo che si portarono in dote gli studenti che intorno a me si aggregarono a formare il primo nucleo, a cominciare da Margherita, Giovanni, Elena, Sabina, Fabrizio, a cui presto si aggiunsero Maude e un manipolo di aspiranti cetologi. Iniziò così la costruzione dei progetti, per raccogliere i dati e farli uscire fuori dai patri confini su riviste serie; era la prima volta che il mondo della ricerca internazionale scopriva che anche nei mari italiani esistevano delle popolazioni di cetacei da cui molto si poteva imparare.
Attendere finanziamenti non ci avrebbe portato lontano: denaro pubblico nemmeno a parlarne, mentre le sponsorizzazioni private si dimostrarono presto poco meno che un patto col diavolo. Pertanto, introducemmo in Italia la formula dei volontari paganti, il metabolismo basale di tutte le attività della Tethys, successivamente potenziato con l’aiuto di Fabio Ausenda e con la creazione di Europe Conservation. Furono gli anni del maggiore sviluppo, grazie anche al successo delle campagne di adozione di balene e delfini, che videro tra le altre cose il forte impulso alle ricerche in Mar Ligure, la proposta del Santuario Pelagos, l’acquisto del mitico Gemini Lab, l’ospitalità generosamente offerta dal Comune di Milano presso la sede dell’Acquario Civico, la scoperta della balenottera "mediterranea" e le approfondite ricerche sui tursiopi di Lussino sullo sfondo della Croazia in fiamme. Anni indimenticabili, nei quali le ristrettezze risultavano addolcite dalla soddisfazione dei successi scientifici.
La Tethys aveva dieci anni quando, nel 1996, fui nominato presidente dell’Istituto Centrale per la Ricerca Applicata al mare, un ente dello Stato, e pertanto mi ritenni in dovere di dimettermi da tutte le cariche per esigenze di trasparenza e correttezza. Fu una decisione sofferta, ma che indusse i "Tetidi" al giro di boa della crescita obbligata sotto la sferzata della necessità. E infatti il meccanismo ha continuato a funzionare, migliorandosi.
Da allora è trascorso un altro decennio, e la Tethys ha varcato la soglia dei vent’anni. È diventata con pieni diritti una componente del paesaggio scientifico cittadino, nazionale e internazionale. Ha prodotto conoscenze utili alla conservazione dell’ambiente marino, e continua a produrne senza pesare in alcun modo sulle tasche dei contribuenti. Ha formato decine di giovani ricercatori, e continua a formarne, cercando anche di rincuorarli quando lo sconforto per le prospettive di chiunque faccia ricerca in Italia sembra prendere il sopravvento. Tutto ciò è stato possibile grazie alla passione e alla caparbia di tutti quelli che hanno creduto nell’idea, dal 1986 a oggi.
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