Spagna-Italia 2-0
Se nel marzo scorso guardavamo alla Spagna con stupore, ora siamo affascinati, e anche un po’ invidiosi, per il crescente interesse dimostrato dal mondo politico spagnolo nei confronti dei cetacei.
Dopo avere imposto alle navi limiti di velocità per ridurre il rischio di collisioni con balenottere e capodogli (vedi La Spagna protegge le balene. E l’Italia? in questo blog), ora impone una modifica delle rotte maggiormente trafficate.
Il Mare di Alborán, nella porzione occidentale del Mediterraneo, ospita un gran numero di cetacei. Le specie abitualmente avvistate comprendono delfini comuni, stenelle striate, globicefali, balenottere comuni, tursiopi, grampi, ma anche capodogli, zifii, orche e pseudorche. L’area rappresenta uno degli ultimi “paradisi” cetologici del Mediterraneo. Ciò nonostante, si verifica un intenso passaggio di navi mercantili e petroliere. Si stima che circa il 30% del traffico mondiale attraversi queste acque. L’integrità di questo ricco ecosistema è quindi costantemente minacciata.
Le ricerche svolte da Ana Cañadas e Ricardo Sagarminaga nell’ambito di un progetto europeo LIFE Nature hanno evidenziato che quest’area è di fondamentale importanza per la biodiversità marina e hanno identificato le principali misure gestionali per tutelare i cetacei. Sulla base di queste proposte è stata presa una decisione molto importante. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) e la Marina Mercantile Spagnola hanno, infatti, stabilito di allontanare dalla fascia costiera alcune delle rotte più trafficate, spostandole 20 miglia più a sud.
Questa iniziativa è di fondamentale importanza se si pensa che nel Mare di Alborán vivono le ultime popolazioni abbondanti di delfino comune e tursiope, che in altre parti del Mediterraneo stanno ormai scomparendo.
Spostare le rotte non significa certo eliminare il disturbo o gli sversamenti di petrolio, ma è sicuramente indice di un crescente interesse verso la tutela dei cetacei e rappresenta un'altra “tappa storica” nella effettiva conservazione di questi animali.
Ora si spera che l’Italia e gli altri Paesi mediterranei colgano la sfida e non rimangano tristemente indietro.
Silvia Bonizzoni
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Per maggiori informazioni:
http://www.belfasttelegraph.co.uk/news/world-news/article2481261.ece
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