17 January 2009

Tonno rosso: collasso vicino


Se ne pescano troppi. Specie sempre più a rischio

Tra tutti gli esempi di mal gestione delle risorse della pesca, quello del tonno rosso mediterraneo è forse, a livello globale, tra i meno edificanti.

Thunnus thynnus, che non è quello che popola le scatolette (T. albacares), è un pesce molto speciale. Con una lunghezza di oltre tre metri e il peso di oltre 600 kg è uno dei più grandi pesci esistenti; le sue forme idrodinamiche e la sua capacità di termoregolare gli consentono alte velocità ed estese migrazioni, che lo portano dalle acque tropicali a quelle artiche. La specie consta di due popolazioni, una delle quali si riproduce nel Golfo del Messico, l’altra nel Mediterraneo; qui ha alimentato per secoli un’attività di pesca di grande valore culturale ed economico, effettuata mediante labirinti di rete - le tonnare - disposte lungo i suoi percorsi migratori.

Dunque il tonno rosso è una delle ricchezze più significative e importanti del Mediterraneo, sia dal punto di vista ecologico che da quello economico, che bisognerebbe conservare gelosamente, e il cui sfruttamento dovrebbe essere gestito con grande cura. In realtà, la combinazione tra l’elevatissimo valore commerciale delle sue carni - considerate prelibate dai cultori del sushi dall’altra parte del pianeta - e l’assenza di un’efficace politica di gestione della pesca in Mediterraneo stanno decretando l’estinzione innanzitutto della tradizione alieutica, e in secondo luogo del tonno stesso.

I primi segni di sofferenza dello stock apparvero alla fine degli anni ’60, quando i sistemi di pesca tradizionali vennero sostituiti dalle più moderne reti a circuizione (dette “tonnare volanti”), molto più efficienti, ma anche più distruttive. Malgrado le misure di conservazione introdotte a partire da quell’epoca, il tonno rosso ha continuato imperterrito il suo declino. La popolazione occidentale è oggi ridotta al 13% rispetto al 1975, quando era già impoverita, mentre quella orientale, che si riproduce in Mediterraneo, è già scomparsa dal Mar Nero e dal Mare del Nord.

Il motivo di tanta incapacità gestionale da parte dei governi interessati è semplice. Lo stato di diritto in cui ci crogioliamo evidentemente nulla sembra potere di fronte al gigantesco giro di interessi economici, secondo alcuni in parte malavitosi, legato allo sfruttamento del tonno e alla sua commercializzazione soprattutto in Giappone, dove se ne consuma il 40% del pescato globale e dove raggiunge prezzi vertiginosi (un singolo tonno è stato venduto a Tokyo per 150.000 dollari!).

Oggi non tutti i tonni catturati vanno immediatamente sul mercato; per il 90% vengono stabulati in grandi gabbie galleggianti, dove vengono ingrassati e macellati successivamente. La riduzione del prezzo ottenuta mediante tale espediente ha reso il prodotto accessibile a un mercato ben più vasto, facendo lievitare la domanda.

Di fronte all’onda di piena è servito a ben poco stabilire delle quote da parte dei governi, puntualmente eccedute dalle catture illegali e non riportate. Per di più, una volta introdotti nelle gabbie - pratica per lo più svolta in alto mare, lontano da qualsiasi monitoraggio - i tonni diventano legalmente oggetto di post-produzione, per cui la loro sorte non è soggetta alle regole internazionali della pesca.

Secondo una stima del WWF, la quantità di tonni oggi pescata nel Mediterraneo è il triplo di quella che la popolazione può sostenere, e il suo collasso è pertanto soltanto questione di tempo. Di fronte all’impotenza delle autorità, l’unica soluzione, secondo alcuni, risiede nella pressione da parte dei consumatori. In tal senso, esemplare è stata la decisione del gruppo francese Auchan, che ha sospeso la vendita di tonno orientale notando che mentre la scienza raccomandava un tetto di 15.000 tonnellate, le autorità ne concedevano 29.500, peraltro abbondantemente superate dalla pesca illegale. Tuttavia, viene da chiedersi come possa funzionare tale meccanismo in un mercato lontano, ma di fondamentale rilevanza, come quello del Giappone.

Giuseppe Notarbartolo di Sciara

Articolo tratto da Rivista della Natura n. 5/2008

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Disegno di Massimo Demma

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