Grampi monegaschi
Sono le intuizioni a fare la differenza per un ricercatore. Se poi a queste si aggiungono la capacità di uno skipper e un team di collaboratori che si fida di te, ecco che anche il Tirreno settentrionale, tutte le acque del Santuario, in una domenica mattina di fine giugno possono stare ad ascoltarti. E per poche ore livellare le onde sulla superficie, tirare a lucido il cielo e presentare un sole caldo con raggi puntiformi che si disperdono sull’acqua. Temperatura di colore che, per chi conosce di fotografia, è l’ ideale. Niente ombre e atmosfera leggermente fredda, sull’azzurro.
A poche miglia dalla costa di Bordighera, in un tratto di mare che sembrava senza vita, come un anno fa, la stessa ora, le otto, un gruppo di Grampi appare a spezzare una monotonia che stava assumendo la forma di una normalità a cui in barca uno non si abitua mai. E sono le vicende che stanno dietro a certi incontri a renderli ancora più entusiasmanti.
Settimana inconsueta e anomala. Colpa del vento che ci ha lasciato uscire poco e male, transetti accennati e rotte inusuali verso levante. Che fatica per portare Pelagos sopra gli abissi, quei fatidici 2000 metri d’acqua. Certo l’incontro con i capodogli, plurale, perché c’erano almeno 5-6 animali sotto la chiglia della barca aveva avuto il retrogusto del accaduto che non si scorda più. Fotogramma nitido che accarezza la retina.
L’idrofono ha fatto bene il suo lavoro. Serpente traslucido che sprofonda a 12 metri sott’acqua per rimanere in ascolto. Due microfoni speculari. Certi click erano così prepotenti da arrivarti nella pancia. Attimi di vero caos emozionale in barca.
Ma un partecipante insisteva per vedere i grampi, sembrava, la sua, quasi una specie di ossessione. E Veronica si è fidata di se stessa e di un’intuizione. Sveglia alle sei, mettiamo la prua di Pelagos a sud e vediamo cosa succede. Poi cambiamo rotta e stiamo paralleli alla costa di ponente. Ognuno di noi sa cosa fare. Fotoidentificazione. Behaviour con il Palmito che ha preso il posto di quello strano oggetto chiamato Psion che aveva assunto le sembianze di una strana maledizione per i ricercatori del CSR.
Registrazione audio delle vocalizzazioni del gruppo. Respirazioni più o meno ad intervalli regolari. Velocità costante di due nodi. Due animali giovani. Uno schiacciato sul lato a fianco della madre, l’altro compare ora qua, ora là nel gruppo che si muove senza un ordine apparente. Conoscerne le gerarchie sì che sarebbe interessante.
Rotta 270°. Siamo davanti a Montecarlo ormai. Paolo deve manovrare Pelagos con precisione. Io che insisto per stare loro trasversale. A portata del 200 mm della Canon. Il resto è una lezione di etologia a cielo aperto. Spyhopping, Surfacing, mostrano la coda perpendicolare sul profilo dell’acqua poi le teste di nuovo, si sparpagliano casuali e stanno immobili a prua. Il più bianco punta la barca, ma poi decide di virare. Accenni poco vogliosi di bow riding. Ci sono 6 animali adulti, 5 riusciamo a identificarli per entrambi i lati. Manca solo il Matching. Ma non è lavoro sul campo. Come tutte le mattine fanno colazione a Bordighera e poi tornano nelle acque del Principato?
Il ritorno verso Sanremo è emozionate. 25 nodi di vento e le onde che sfiorano i due metri. Rimane forte il sole, acqua inonda il ponte di Pelagos, fino alle finestrelle della cabina di comando. Fino a noi, stesi a poppa. Vedo solo sorrisi. Questo mare in rivoluzione non preoccupa nessuno. E’ quasi casa.
Mauro Colla
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